Francesco Scarsella (Rapallo, GE, 25/8/1899 – Roma 23/11/1977)

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Società Geologica Italiana

a cura di SIMONE FABBI (Sezione di Storia delle Geoscienze)

Francesco Scarsella nacque a Rapallo il 25 agosto 1899. Compiuti gli studi superiori presso il Liceo di Chiavari, nel 1917 fu chiamato al fronte, come tanti altri "Ragazzi del '99", dove combatté come ufficiale del corpo dei Bersaglieri, restando poi in servizio fino al 1920. Dopo il congedo si iscrisse all'Università di Genova, dove fu allievo di Gaetano Rovereto e Paolo Principi. Conseguì la laurea in Scienze Naturali nel 1924 con una tesi dal titolo "Tracce di antichi ghiacciai nell'Appennino Ligure" e per quattro anni insegnò nella scuola media di S. Margherita Ligure, continuando volontariamente il rilevamento geologico di alcune zone della Liguria sotto il coordinamento di Rovereto. Nel 1929 venne nominato assistente alla cattedra di Mineralogia e Geologia dell'Istituto Superiore Agrario di Perugia, della quale nel frattempo era diventato titolare Principi. Restò a Perugia per tre anni, interessandosi principalmente al rilevamento geologico e allo studio della stratigrafia dell'Appennino Umbro-Marchigiano, dopodiché si trasferì a Roma presso il Regio Ufficio Geologico, insieme ad altri giovani promettenti del calibro di Giovanni Merla ed Enzo Beneo. Ben presto a Scarsella e Beneo vennero affidati, rispettivamente, la maggior parte degli incarichi di rilevamento geologico nell'Appennino Umbro-Marchigiano e nell'Appennino Laziale-Abruzzese. Tra il 1936 e il 1938 partecipò alle missioni promosse dall'Agip in Etiopia e Somalia e nel 1940 effettuò prospezioni minerarie in Albania.

Scarsella rimase al R. Ufficio, poi divenuto Servizio Geologico, per 24 anni (dal 1932 al 1956), durante i quali si occupò, da solo o in collaborazione con altri colleghi, del rilevamento e coordinamento di numerosi fogli geologici in scala 1:100.000 (foglio 116 Gubbio, 124 Macerata, 132 Norcia, 139 L'Aquila, 140 Teramo, 208 Dorgali, 218 Isili e 219 Lanusei); tra questi spiccano i rilevamenti in solitaria dell'intero foglio 132 Norcia e dell'intero gruppo montuoso del Gran Sasso d'Italia. Una parte significativa del lavoro svolto a scopi applicativi durante gli anni del Servizio Geologico è rimasta inedita.

Nel 1949 conseguì la libera docenza in Geologia e dal 1951 fu incaricato dell'insegnamento di Geologia e Paleontologia all'Università di Bari, divenendovi titolare della cattedra di Geologia nel 1955. Nel 1959 ottenne la cattedra di Geologia presso l'Università di Napoli, dove insegnò da ordinario fino al 1969, anno del suo collocamento a riposo, e successivamente da ordinario fuori ruolo fino al 1974. Nel 1961 era stato nel frattempo chiamato a far parte del Comitato Geologico Italiano, organo di coordinamento tra le Università, il Servizio Geologico e i vari enti per la realizzazione della Carta Geologica d'Italia, del quale fu vicepresidente tra il 1966 e il 1973.

In tale veste tornò a occuparsi di cartografia geologica, attività in quegli anni tornata in auge grazie ai finanziamenti della "Legge Sullo" per il completamento della Carta Geologica d'Italia alla scala 1:100.000, svolgendo l'attività di Direttore del rilevamento di sette fogli dell'Appennino meridionale (foglio 161 Isernia, 172 Caserta, 185 Salerno, 197 Amalfi, 199 Potenza, 209 Vallo della Lucania e 210 Lauria).

La sua produzione scientifica è strettamente connessa alla sua instancabile attività di geologo di terreno, e spazia dalla paleontologia, alla stratigrafia, alla geomorfologia e alla tettonica. Alcuni lavori sulla tettonica e sulla stratigrafia del Bacino Umbro-Marchigiano sono ancora oggi delle pietre miliari, avendo rivoluzionato già negli anni '40 l'interpretazione tettono-stratigrafica di quel dominio paleogeografico; fu infatti il primo a descrivere in modo "moderno" il motivo tettonico dominante di quel settore dell'Appennino, riconoscendo le grandi faglie dirette che dislocano i fianchi occidentali delle anticlinali che interpretò, sulla base della distribuzione dei depositi "villafranchiani", come molto più giovani ("prossime alla fine del Pliocene") dei sovrascorrimenti che tagliano invece i fianchi orientali delle stesse anticlinali. Tra questi osservò come il più importante, quello dei M. Sibillini, sembrava raccordarsi verso sud con la linea "Ancona-Anzio" (lineamento tettonico oggi ridefinito "Linea Olevano-Antrodoco-Monti Sibillini"). Cercò poi di spiegare i complessi rapporti tra il Calcare Massiccio, le potenti successioni bacinali giurassiche e le successioni pelagiche condensate, considerandoli correttamente come conseguenza di una fase tettonica estensionale avvenuta verso la fine dell'Hettangiano, grazie al riconoscimento e all'interpretazione dei filoni sedimentari come sintomo di tettonica sinsedimentaria. Nel Gran Sasso fu il primo a definire uno schema stratigrafico attendibile, riconoscendo tutti i termini della successione e ipotizzando anche qui una fase tettonica giurassica, sulla base della distribuzione dei filoni sedimentari individuati. Riuscì inoltre a definire i margini della Piattaforma Carbonatica Laziale-Abruzzese, osservando la distribuzione dei sedimenti carbonatici di mare basso intercalati nelle unità pelagiche dei bacini circostanti (rapporti tra la facies abruzzese e la facies umbra). Nell'Appennino meridionale fu il primo a riconoscere la "facies a Lithiotis", studiò la stratigrafia del Bacino di Lagonegro e i rapporti tettonici tra le piattaforme carbonatiche e i flysch. In campo paleontologico istituì una specie di pteropode (Diacria sangiorgii).

Socio dell'Accademia di Scienze Fisiche e Matematiche della Società nazionale di Scienze, Lettere ed Arti di Napoli, della quale fu presidente nel 1972, dell'Accademia delle Scienze di Torino e dell'Accademia Pontaniana. Della Società Geologica Italiana fu socio fin dal 1923 e Presidente nel biennio 1958-1959, organizzando la Riunione estiva del 1959 con sede a L'Aquila.

Morì a Roma il 23 novembre 1977.

A lui è dedicata la specie di foraminifero Cuneolina scarsellai, fossile guida per la biostratigrafia delle piattaforme carbonatiche cretaciche.

FONTI E BIBLIOGRAFIA
D'Argenio B. (1988) - Ricordo di Francesco Scarsella. Memorie della Società Geologica Italiana, 41, 1349-1353
Moretti A. (1978) – Francesco Scarsella. Bollettino della Società Geologica Italiana, 97, 3-10.
Scherillo A. (1977) – Ricordo di Francesco Scarsella. Rendiconto dell'Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche, Serie IV, 44, 5-6.

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