Bernardino Lotti (Massa Marittima, GR, 4/5/1847 – Roma 11/1/1933)

-

Società Geologica Italiana

A cura di Paolo Roberto FEDERICI (Sezione di Storia delle Geoscienze)

Dopo le lauree all'Università di Pisa in matematica e successivamente in Ingegneria, Bernardino Lotti non decise subito che tipo di carriera intraprendere, in quanto dopo alcune ricerche ebbe la possibilità di insegnare all'Università di Catania; l'attrazione per lo studio geologico attraverso il sistematico rilevamento delle formazioni e delle rocce finì con il portarlo a chiedere l'assunzione all'Ufficio Geologico, che avvenne nel 1879.

Il suo primo incarico fu lo studio delle Alpi Apuane, l'aspra catena montuosa interessante come poche altre per l'affioramento dei terreni più antichi dell'Appennino fino a grandi altezze, la complessità dei rapporti fra le formazioni e la presenza di estese zone metamorfiche. Tali caratteri geologici hanno determinato l'importanza economica delle Apuane per l'arte millenaria dell'estrazione dei celebri marmi. Fortuna volle che ivi già si trovasse un altro personaggio destinato a divenire famoso, Domenico Zaccagna. I due si trovarono a meraviglia non solo per la preparazione, eccellente in entrambi, ma anche come cultura e sentire politico. Lotti era un maremmano, cresciuto non lontano dalle zone in cui si diffuse il movimento ascetico sociale di M. Labbro di Lazzaretti, e, quindi, fu socialista e antifascista; Zaccagna era di Carrara, una città in cui la pericolosa e spesso mortale attività dell'estrazione dei marmi aveva forgiato gente forte, tenace e libertaria. I due iniziarono un lavoro che in poco tempo sbalordì per la qualità scientifica e per la logica e l'armonia che esprimevano le carte e le sezioni geologiche delle Alpi Apuane. Si aprì così un celebre contrasto di idee con l'accademia che, per bocca di Carlo De Stefani professore a Firenze, contestava i loro prodotti tacciandoli di una irreale geometria nelle dominanti strutture plicative. Le risposte dei due rilevatori furono quasi sprezzanti. Questa polemica non fu gradita all'Ufficio Geologico e la soluzione fu quella di dividerli, assegnando a Lotti il rilevamento del resto della Toscana e a Zaccagna di studiare da solo le Alpi Apuane, oltre che le Alpi Occidentali. I due, ormai separati, produssero comunque così tante carte geologiche da rimanere increduli di fronte alla vastità delle aree indagate, ai chilometri percorsi e, nel contempo, alla qualità del lavoro svolto. Davvero i membri dell'Ufficio Geologico sono dei benemeriti della Scienza e il Paese non può dimenticare cosa essi hanno fatto, anche se le loro idee sono state poi superate dall'evoluzione del progresso scientifico.

Si devono a Lotti, oltre a una parte del lavoro sulle Alpi Apuane, i Fogli geologici della Toscana centro-meridionale e dell'Umbria, un nuovo studio dell'Isola d'Elba (1886), dopo quello di Igino Cocchi, e due poderose monografie sulla geologia della Toscana (1910) e sulla geologia dell'Umbria (1926), che divennero il tesoro su cui si sono basati i lavori successivi fino all'epoca recente. A Lotti era chiaro che alla lunga lacuna dei sedimenti terziari doveva corrispondere il sollevamento principale della catena appenninica, ma anche che le quote alte a cui si trovano i sedimenti postorogeni stavano a indicare che ulteriori sollevamenti dovevano essersi verificati nel Pliocene. Fra i risultati più duraturi vanno citati l'affermazione dell'età terziaria del ciclo magmatico a cui si devono le granodioriti e le altre rocce anatettiche dell'Arcipelago toscano e del continente, e nel 1910 l'età quaternaria recente del M. Amiata. E ancora, nonostante la sua 'cultura' autoctonista, il lucido riconoscimento  del  "ricoprimento di Spoleto" e quello del M. Pisano, poi accettati da tutti, che ha facilitato la strada a successive teorie mobiliste, e infine le magistrali osservazioni sulle facies umbro-marchigiane e abruzzesi e i loro rapporti con la stratigrafia e la tettonica che permettevano di delineare già le 'future linee trasversali dal Tirreno all'Adriatico con direzione SSO-NNE, in seguito individuate e inserite nei modelli strutturali della penisola italiana.

Come gli altri giganti dell'Ufficio Geologico, Lotti dette anche ampio spazio all'applicazione delle scienze della Terra. Studiò fenomeni termali importanti come quelli di Montecatini, Rapolano, Bagno Vignoni e di altre località e contribuì concretamente allo sviluppo minerario italiano. Su questo scrisse un'opera importante nel 1893, e da allora, oltre che dei carboni sardi e delle ligniti dell'antico lago Tiberino e del petrolio in Abruzzo, si occupò dei giacimenti ferriferi dell'Elba e dei soffioni boraciferi, ma soprattutto delle grandi miniere di cinabro del M. Amiata e di antimonio nelle Colline Metallifere, nonché di quelle cuprifere e di solfuri misti di Boccheggiano, Niccioleta e Gavorrano, il cui grande giacimento di pirite fu da lui scoperto. Oggi queste miniere, dopo una lunga epopea di storia umana ed economica, sono chiuse, l'ultima nel 1994. Membro d'onore della Società Belga di Geologia e della Società Mineralogica di Pietroburgo, Lotti fu presidente della Società Geologica Italiana nel 1912, organizzando la riunione estiva in Umbria con sede a Spoleto.
 
FONTI E BIBLIOGRAFIA
Clerici E.(1933) – Bernardino Lotti. Boll. Soc. Geol. It., 52, CLII – CLV.
D'Achiardi G. (1933) – Bernardino Lotti. Atti Soc. Tosc. Sc. Nat., Proc. Verb., 1933, 7-10.
Gortani M. (1934) – Bernardino Lotti: cenno necrologico. Boll. R. Uff. Geol. d'It., 59, 1-3.
Lazzarotto A. (1993) – Elementi di geologia. In: La storia naturale della Toscana meridionale (a cura di F. Giusti), Pizzi ed., Siena, 19-88.
Marinelli G. (1985) – Commemorazione di Bernardino Lotti. Mem. Soc. Geol. It., 20, 11-18.
Moretti A. (1951) – Le onoranze a Bernardino Lotti. In: Beneo E., Moretti A.(1951) - Le onoranze a Bernardino Lotti e a Domenico Zaccagna nel 1° centenario della nascita. Boll. Serv. Geol. It., 73, 321-344.
Parotto M., Praturlon A. (1984) – Duecento anni di ricerche geologiche nell'Italia Centrale. In: Cento anni di geologia italiana (a cura della Soc. Geol. It.), Pitagora, Bologna, 241-278.
 

Ultimo aggiornamento: