A cura di Fabiana CONSOLE (Sezione di Storia delle Geoscienze)
Michele Deriu nacque a Cagliari il 20 giugno del 1921. Immatricolato alla Facoltà di Ingegneria a Cagliari nel 1939, dovette sospendere ben presto gli studi l'anno successivo, in quanto venne arruolato fino al 1945 come Ufficiale di Artiglieria ed impegnato nel Secondo Conflitto mondiale. Il padre Marcello, perito agrario, lo convinse a riprendere gli studi e Michele si laureò nel 1949 in Ingegneria Mineraria con il massimo dei voti.
Intraprese ben presto la carriera universitaria, prima come assistente alla Cattedra di Mineralogia presso l'Università di Cagliari e poi nel biennio 1950-51 ottenne la Cattedra di Geochimica nello stesso Ateneo. Concentrò la sua ricerca sulla conoscenza delle manifestazioni vulcaniche della Sardegna centro e nord-occidentale; in particolare studiò i caratteri geostrutturali e petrografici delle lave post-mioceniche del settore di Santa Caterina di Pittinuri.
Fu vincitore, grazie a queste ricerche di notevole importanza nei campi delle scienze mineralogiche, del premio nazionale "Ugo Panichi" messo in palio, per i giovani ricercatori, dalla Società Mineralogica Italiana nel biennio 1952-1953 ex aequo con Mosè Balconi. Nel 1952 si trasferì a Roma dopo aver ottenuto una prestigiosa borsa di studio di 6 mesi, dapprima come Assistente e poi Aiuto alla Cattedra di Petrografia del prof. Carlo Lauro. Divenne Professore ordinario ricevendo dapprima l'incarico di insegnamento per la Geografia Fisica dal 1956 al 1959, poi per la Vulcanologia dal 1959 al 1961.
Nel 1961, primo ternato al concorso a cattedre di Petrografia, venne chiamato nella sede di Parma, dove sino al 1977 diresse brillantemente e con abnegazione gli Istituti di Petrografia e Giacimenti Minerari, il Laboratorio di Geotecnica e quello di Tecnologie Generali dei Materiali. Durante questa lunga fase, stabilitosi ormai definitivamente a Parma, tenne gli insegnamenti di Geochimica (1962-63), di Giacimenti Minerari (1963-65), di Litologia e Geologia (1965-75), assumendo inoltre per cinque anni la carica di Prorettore (1968-73) e infine quella di Preside della Facoltà di Scienze dal 1973 al 1979. Divenne anche Direttore del Museo di mineralogia, che arricchì di una prestigiosa litoteca.
Ma l'attività scientifica di Michele Deriu non si esaurisce nel pur ampio e prestigioso iter accademico ora sopra descritto; fece infatti parte del Comitato Geologico Regionale della Sardegna sino al 1968, del Comitato Geologico d'Italia dal 1964 al 1977 e fu anche Presidente della Commissione di Vulcanologia. Ed ancora, oltre ad essere autorevolmente inserito nelle più qualificate Associazioni Scientifiche italiane e straniere con riguardo alla Mineralogia, Petrografia, Geologia e Scienze Minerarie, fu Vice Presidente della Società Geologica Italiana per il biennio 1971-72 ed infine Presidente per il biennio 1973-74. Come Presidente, fu l'organizzatore del 67° Congresso SGI a Parma dal 27 al 31 ottobre sull'evoluzione geodinamica del Mediterraneo.
Animatore e promotore di vari Gruppi di ricerca del CNR, diresse le sezioni petrografiche di Parma per la Geologia dell'Appennino Settentrionale e il Gruppo di Ricerche Geologiche, Petrografiche, Mineralogiche e Giacimentologiche della Sardegna. Seguì come coordinatore o Direttore molti fogli ufficiali della Carta Geologica d'Italia alla scala 1:100.000: Alghero e Macomer per la Sardegna; Viterbo, Bracciano, Civitavecchia e Tuscania per il Lazio. Il periodo passato all'Università di Parma fu il più fecondo nel campo dell'insegnamento e della prolifica produzione scientifica, ma anche da un punto di vista sociale e politico. Divenne infatti Presidente del Rotary Club di Parma (1971-72) e contemporaneamente, con incarico del Partito Liberale Italiano, entrò a far parte della Commissione Tecnico-Scientifica per la programmazione della Regione Emilia-Romagna (1970-75), prospettando una sua intuitiva visione ecologista per la diminuzione del consumo del suolo definendolo "uso umano del suolo".
Tra i tanti riconoscimenti avuti per il suo operato scientifico, i più prestigiosi furono nel 1972 la Medaglia d'Oro per i Benemeriti della Cultura e della Scuola, e la Commenda al Merito della Repubblica Italiana, entrambi offerti dall'Ateneo di Parma; questa città nel 2007 gli ha anche dedicato una strada.
La produzione scientifica comprende una cinquantina di pubblicazioni con monografie prevalentemente rivolte a tematiche petrologiche di ambiente regionale. Per la Sardegna sono di vasto interesse le ricerche sul vulcanismo calcalcalino paleogenico relativo ai settori occidentali dell'Isola, nel quadro dell'evoluzione genetica del Mediterraneo, così come lo studio del vulcanismo simatico plio-quaternario, con particolare riguardo ai Massicci del Montiferru, del Monte Arei, della Planargia, (Bosa) e della piattaforma del Piau e Morturas.
Con gli studenti e Ricercatori dell'Ateneo di Parma, inoltre, affrontò campi di ricerca pura e applicata in alcune zone dell'Appennino ed a lui si deve la ricostruzione del vulcanismo plio-quaternario dell'Alto Lazio, eseguita attraverso lo studio degli apparati Cimini, Vulsini, Ceriti, Tolfetani, Vicani e Sabatini. Hanno infine particolare risalto le ricerche applicative condotte in campo minerario e le indagini geologiche eseguite per la progettazione ed esecuzione di diverse opere di alta ingegneria, prevalentemente nel campo delle dighe e dei bacini artificiali. Scrisse un trattato petrografico e sedimentologico sulle formazioni quaternarie della costa centro-occidentale sarda, tra il fiume Temo e Punta Foghe. Approfondì uno studio anche sulla storia geologica dell'Appennino parmense (1964) e sui marmi di Pagazzano (1968).
I colleghi lo descrissero come un professore intransigente ed instancabile nel lavoro, di approccio non facile per i numerosissimi giovani che avviò alla ricerca, ma di cui divenne rapidamente mentore e consigliere anche per argomenti di carattere personale, accolti da una parola di conforto e di appoggio concreto. Purtroppo il destino gli riservò momenti dolorosi, come la morte di sua figlia Marcella ancora molto piccola e nel 1978 quella della amata moglie Pina, a cui seguì la sua solo due anni dopo.
FONTI E BIBLIOGRAFIA
Conti L. (1981) - Commemorazione in onore di Michele Deriu, in Memorie della Società Geologica Italiana, vol. 22, pp. 5–10 cum bibl.
Mastino O. (2005) - Illustre petrografo bosano Deriu, che sapeva tutto sulle rocce, in L'Unione Sarda del 24 luglio 2005, p. 21.