A cura di GIULIA INNAMORATI (Sezione di Storia delle Geoscienze)
La curiosità negli studi di stampo naturalistico sorse nel giovane Giuseppe grazie all'esempio del maestro D. Pietro Melo. A partire dall'anno scolastico 1829-30 si iscrisse al corso quinquennale medico-chirurgico dell'Università di Padova, l'unico in cui all'epoca si insegnavano le discipline legate alle Scienze Naturali. Ottenne la laurea nel 1834 con una tesi dal titolo "De axe cephalo-spinali", che ebbe dignità di stampa, suscitando l'ammirazione e l'approvazione degli esperti italiani e austriaci. Nel 1834, l'anziano titolare della cattedra di botanica dell'ateneo patavino, Giuseppe Antonio Bonato, lo propose come possibile sostituto a seguito della morte dell'assistente Pegoretti. Ad ottobre Meneghini fu così nominato assistente e supplente gratuito di quella che era la sua disciplina preferita. L'anno successivo, dopo la scomparsa di Bonato, egli sostenne brillantemente il concorso per la cattedra vacante. Il posto venne però attribuito a Roberto De Visani, mentre a Meneghini fu assegnato il ruolo di assistente effettivo fino al 1839.
Nel 1836 pubblicò il suo primo trattato di botanica dal titolo "Ricerche sulla struttura del caule nelle piante monocotiledoni" e proseguì gli studi sulle alghe. Nel 1838 vinse finalmente il concorso per la cattedra di Scienze preparatorie per i chirurghi. Nei nove anni consecutivi insegnò quindi fisica, chimica e botanica.
La fase patavina della vita di Meneghini cessò nel giugno del 1848 con la prima Guerra di Indipendenza, a cui egli partecipò attivamente seguendo l'esempio del fratello maggiore Andrea in quel periodo di fervore. Giuseppe viene ricordato in quanto, insieme al Prof. Giuseppe Clementi, si recò nell'accampamento di Carlo Alberto a consegnare le chiavi della città natale chiedendo aiuto e soccorso. Quando le truppe austriache entrarono dentro le mura di Padova, i fratelli Meneghini fuggirono in esilio, dapprima a Bologna, poi a Pistoia e infine a Firenze. Contestualmente Giuseppe venne rimosso dalla carica di professore all'Università di Padova per motivi politici.
Nel 1849 vinse però la cattedra di geologia all'università di Pisa e la direzione del Museo di Mineralogia e Geologia, rimasti vacanti a seguito della morte di Leopoldo Pilla, caduto nella battaglia di Curtatone e Montanara. Meneghini venne convinto a partecipare al concorso dall'amico Paolo Savi, geologo, ornitologo e professore all'Università di Pisa, con il quale si erano conosciuti durante le riunioni degli Scienziati Italiani tenutesi a Pisa (1939) e Firenze (1941).
In quegli anni Meneghini pubblicò due studi relativi a dei terreni in Carnia, presso Raveo, in cui era stato trovato del combustibile fossile. Gli autori che lo precedettero nello studio di queste aree, avevano attribuito quelle rocce al Carbonifero per affinità con i terreni francesi e inglesi. Meneghini fu il primo a comprendere che quell'attribuzione fosse errata e che, sulla base del contenuto fossilifero, gli strati ricchi in combustibile fossero triassici. Questa intuizione ebbe una grande risonanza nel mondo accademico italiano ed europeo in quanto la stratigrafia alpina era agli albori e la scoperta di Meneghini forniva un tassello di grande importanza per ricostruire il grande puzzle della geologia delle Alpi.
Dopo il trasferimento a Pisa, la produzione scientifica di Meneghini si incentrò principalmente su tematiche geologiche. Lo scienziato si rivelò abilissimo in ambito paleontologico/stratigrafico per le sue grandi capacità di osservazione e descrizione. Tra le sue opere ricordiamo "Considerazioni sulla geologia stratigrafica della Toscana" e "Nuovi fossili toscani illustrati", in cui riconobbe per la prima volta il Carbonifero nella zona e grazie allo studio e alla classificazione basata sulle ammoniti, confermò la presenza del "Lias" nei Monti Pisani, tesi fino a quel momento dibattuta.
A queste opere seguì una monografia imponente dal titolo "Paléontologie de l'île de Sardaigne"; Meneghini venne infatti contattato dal generale e naturalista Alberto La Marmora che gli consegnò la propria collezione di fossili raccolta nell'isola. Nella monografia Meneghini descrisse oltre 560 generi o specie fossili, identificando per primo il Siluriano e correlando i terreni cretacici lungo la costa occidentale ed orientale della Sardegna. Meneghini rimase sempre affascinato dalla tematica, tanto che la sua ultima opera, nel 1888, fu "Paleontologia dell'Iglesiente in Sardegna. Fauna cambriana: Trilobiti".
Oltre alla paleontologia, Meneghini si dedicò alle ricerche minerarie e alla cartografia geologica, tanto da essere nominato capo del Comitato Geologico Italiano, dal 1879 fino alla sua morte, con l'incarico di coordinare la Carta geologica del Regno.
Meneghini morì a Pisa nel 1889, senza mai tornare nella città natale. Scrisse oltre 150 articoli scientifici da cui si evincono le sue qualità di naturalista poliedrico e curioso.
Nel 1886 fu nominato Senatore del Regno d'Italia. Nel 1874 fondò la Società Toscana di Scienze Naturali e ricoprì la carica di Presidente fino alla morte. Fu anche fondatore e primo Presidente della Società Geologica Italiana e della Società Malacologica Italiana.
FONTI E BIBLIOGRAFIA
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Federici P.R. (2011) – Contributo alla storia della scienza, i presidenti della Società Toscana di Scienze Naturali. Atti Soc. Tosc. Sci. Nat., Mem. Serie A, 116.
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