Autore: Dario Zampieri
ISBN: 9788854955417
Editore: Cooperativa Libraria Editrice Università di Padova
Collana: Scienze della Terra
Anno di pubblicazione: 2022
Pagine: 200
Descrizione
Il semplice lettore e l'escursionista curioso vengono portati sui fianchi di Monte Pasubio (parte delle cosiddette "Piccole Dolomiti") e di altre montagne delle Prealpi vicentine, imparando a conoscere una risorsa della Terra, il marmo Grigio perla, che nella seconda metà del secolo scorso permise a giovani valligiani di integrare il reddito con un duro e pericoloso lavoro, limitando così l'emorragia dell'emigrazione.
Già nel Settecento lo stesso materiale attirò l'attenzione dello scienziato veronese Giovanni Arduino, che ne comprese la genesi e compiendo rudimentali esperimenti chimici contribuì alla scoperta del minerale dolomite, da cui presero il nome le stupende montagne del Sud Tirolo. L'utilizzo delle risorse minerali locali viene inquadrato nel più ampio contesto della ricerca di materiali indispensabili all'umanità per tentare di continuare a prosperare in una biosfera profondamente alterata da una crescita disordinata.
Bio-bibliografia
Dario Zampieri ha insegnato geologia strutturale e rilevamento geologico all'Università degli Studi di Padova, conducendovi ricerche saldamente ancorate alle evidenze di terreno. La profonda conoscenza della natura fisica del territorio prealpino e delle sue fragilità lo hanno portato ad intervenire attivamente nel dibattito su progetti dal grande impatto, in parte analizzati nel libro Una valle nell'Antropocene. L'uomo come agente geologico nella Val d'Astico (2019).
Presentazione
Dove i territori prealpini delle provincie trentina, vicentina e veronese si incontrano, nella seconda metà del secolo scorso le vallate fornirono una risorsa minerale utile all'attività edilizia, allora in forte espansione dopo le distruzioni della Seconda guerra mondiale. L'uso intenso del marmo Grigio perla (marmo a brucite, formato per termometamorfismo della roccia dolomitica) si ebbe tra circa il 1950 ed il 1975, quando fu utilizzato per i pavimenti alla palladiana, allora di moda. Per alcuni giovani e robusti valligiani fu possibile integrare il reddito con un duro e pericoloso lavoro, evitando così di alimentare l'emorragia dell'emigrazione. Specialmente nei primi anni, il lavoro in questi luoghi talora remoti veniva svolto prevalentemente con la forza muscolare e tuttora le vestigia di questa attività lasciano impressionati per l'ingegno profuso nello sfruttare una risorsa minerale limitata del proprio territorio.
In realtà, le proprietà estetiche di questo materiale erano già note almeno dalla seconda metà del diciottesimo secolo, tanto da essere utilizzato in piccola quantità nella costruzione di altari. Lo studio sul campo di questo marmo appassionò lo studioso veronese Giovanni Arduino (1714-1795), che soggiornò a lungo a Schio e Vicenza, esplorando per lavoro le montagne vicentine. Egli comprese l'origine del marmo, che rinveniva sempre incassato in fratture verticali in associazione a rocce vulcaniche basaltiche intruse nei carbonati di cui sono costituite le Prealpi. Arduino condusse anche esperimenti chimici sul marmo, ottenendo dei prodotti che hanno indotto alcuni studiosi a dedurre che egli avesse scoperto in anticipo su Nicolas Théodore de Saussure, il minerale da questi denominato "dolomite" in onore del viaggiatore e naturalista francese Déodat Gratet de Dolomieu. La rivisitazione degli scritti di Arduino unita allo studio del marmo rimette in discussione il presunto primato di Arduino sulla scoperta della dolomite, che rimane improbabile. Le sue osservazioni e gli esperimenti prepararono però il terreno, dato che il giorno 17 agosto 1789 Giovanni Arduino e Déodat de Dolomieu si incontrarono a Venezia e si scambiarono informazioni. Il nome Dolomiti, che designa le straordinarie montagne prima chiamate "Tirolesi", si affermò solo nel 1864.
Prima che il tempo cancelli definitivamente le tracce dell'attività estrattiva sulle montagne del bacino del torrente Posina, riaprendo sentieri invasi dalla vegetazione l'autore ha cercato e raggiunto i luoghi visitati duecentocinquant'anni anni fa da Arduino e quelli più numerosi dove operarono per l'ultima volta i cavatori nel secolo scorso.
Oggi si tende a definire il "paesaggio" come prodotto dell'opera dell'uomo sull'ambiente naturale. Nella legislazione sono considerati beni culturali, tra gli altri, i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico. Il tentativo di questo libro è proprio quello di riportare alla luce una tessera dimenticata del complesso mosaico che concorre alla conoscenza del territorio delle valli di Posina, con ripercussioni anche sui territori delle valli adiacenti, che hanno condiviso l'utilizzo della risorsa marmo Grigio perla. Il lettore e l'escursionista curioso vengono portati sui fianchi di Monte Pasubio (parte delle cosiddette "Piccole Dolomiti"), Monte Novegno, Monte Maggio e Monte Toraro, imparando a conoscere la genesi di questa particolare risorsa e a decifrare le tracce lasciate sul paesaggio dal lavoro dei valligiani nel secolo scorso, rivalutando nel contempo le misconosciute ricerche geologiche settecentesche, che con un ulteriore approfondimento avrebbero potuto portare queste montagne sulla ribalta internazionale.
Prefazione