Matera, (Geo)Capitale Europea della Cultura 2019

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Società Geologica Italiana

A cura del socio Marcello Tropeano

La designazione della città di Matera, in Basilicata, quale Capitale Europea della Cultura per il 2019 è il coronamento di un lungo percorso di crescita di interesse per la città dei Sassi che ha gradualmente spinto Matera ad essere meta turistico-culturale di interesse internazionale. Viene però molto sottovalutato il fatto che i Sassi di Matera evochino fin dal toponimo la stretta connessione fra le peculiari abitazioni sorte sul fianco destro del canyon della Gravina di Matera ed il contesto geologico in cui tale urbanizzazione si è negli anni stratificata. I Sassi di Matera rappresentano infatti una imponente opera di urbanizzazione rupestre derivante dallo scavo in roccia di ambienti molto complessi e dalla edificazione di facciate in stretta simbiosi con l'ammasso roccioso (Figg. 1, 2). Pertanto, l'attenzione mediatica riservata quest'anno alla Capitale Europea della Cultura potrebbe essere un utile volano per la diffusione di alcuni concetti di carattere geologico, non fosse altro che per la spettacolarità di foto e video panoramici che a livello nazionale propongono inconsapevolmente numerosi spunti di (geo)riflessione. Inoltre una qualsiasi passeggiata negli storici rioni "Sassi" di Matera (patrimonio dell'UNESCO dal 1993), dopo un iniziale stupore e con le giuste chiavi di lettura, potrebbe permettere di apprezzare l'intima connessione fra i caratteri geologici e geomor­fologici del territorio e l'evoluzione urbana. Perché quindi non pensare di affiancare la cultura geologica alla cultura storico/artistica/architettonica che la Capitale Europea esporrà nel 2019?

Fig. 1 - Panorama di una porzione dei Sassi di Matera, la cosiddetta "Civita", che si affaccia sulla gravina, la profonda valle in roccia che caratterizza l'area. Foto gentilmente concessa da Giusy Schiuma, riproduzione riservata.

Le chiavi di lettura geologica del territorio urbanizzato dei Sassi di Matera non possono prescindere da una sintetica conoscenza della storia evolutiva della regione delle Murge ed in particolare del suo bordo occidentale, cerniera fra l'Avampaese Apulo e la Fossa Bradanica.
In Italia meridionale il termine "murgia" è molto diffuso e genericamente indica una ripida parete rocciosa o un aspro rilievo collinare roccioso che si erge da un'area topograficamente meno rilevata; associato ad altre parole il termine "murgia" assume un significato toponomastico, come ad esempio: "Timpone delle Murge", "Alta Murgia", "Minervino Murge", "Murgia Materana". Il termine plurale senza specifiche indicazioni locali ma con iniziale maiuscola ("Murge") indica invece l'ampia area centrale della Puglia caratterizzata da una serie di ripiani carsici digradanti verso il Mare Adriatico costituiti da rocce carbonatiche cretaciche della Piattaforma Apula, a luoghi ricoperte da sottili depositi pliocenici e/o quaternari (Fig. 3). All'area delle Murge pugliesi viene associata anche l'area della Murgia Materana (o Murgia di Matera-Laterza), un rilievo isolato solcato da alcuni dei più profondi canyon (localmente chiamati "gravine") che caratterizzano il bordo occidentale (Ionico) delle Murge.

Fig. 2 - Porzione dei sassi che ospita la rupe del Monterrone con la Chiesa dell'Idris. Si noti l'intreccio fra abitazioni e ammasso roccioso. Foto gentilmente concessa da Giusy Schiuma, riproduzione riservata.

La storia geologica delle Murge ha inizio nel Mesozoico, con un lungo periodo di sedimentazione di calcari di piattaforma che termina alla fine del Cretaceo (circa 66 milioni di anni fa), quando la Piattaforma Apula diventa una ampia e piatta regione emersa soggetta a carsismo. In particolare, l'area corrispondente alle attuali Murge fu interessata fino al Pliocene (5 milioni di anni fa) da esposizione subaerea e da deformazioni tettoniche che ne determinarono la configurazione in alti e bassi morfostrutturali. Uno degli alti più importanti sarebbe diventato la Murgia Materana.
Quando, a partire dall'inizio del Pleistocene (2,5 milioni di anni fa), la migrazione della catena appenninica causò il ritorno del mare nella regione che sarebbe diventata le Murge, gli alti topografici preesistenti diventarono le isole di un ampio arcipelago (Fig. 4a). Una lenta subsidenza provocò la progressiva sommersione dell'arcipelago; fu per questo che depositi costieri carbonatici grossolani, sia bioclastici che litoclastici si accumularono sui fianchi delle isole a substrato calcareo cretacico.

Fig. 3 - a) posizione dell'Avampaese Apulo e della Fossa Bradanica lungo la penisola italiana; b) schema geologico dell'Italia meridionale (da Pieri et al., 1997, mod.). Si noti la posizione dell'area che ospita la città di Matera che, pur rientrando amministrativamente nella Regione Basilicata, è geologicamente affine alle Murge pugliesi; c) sezione geologica schematica dell'Italia meridionale (da Sella et al., 1988, mod.). La posizione delle città di Matera, Bari e Potenza è proiettata.

Dopo la diagenesi, questi depositi sarebbero diventati le rocce carbonatiche conosciute localmente e commercialmente come "tufo" o "tufo calcareo" (1), e formalmente definite come Calcarenite di Gravina. Queste rocce porose e facilmente scavabili poggiano sui calcari del Cretaceo (le vecchie rocce della Piattaforma Apula) e rappresentano il substrato roccioso su cui si sono sviluppati i Sassi di Matera. Circa 1,5 milioni di anni fa, nel momento di massima risalita del livello del mare, solo i rilievi più alti delle isole furono lasciati esposti, compreso il culmine della futura Murgia Materana (Fig. 4b). Allo stesso tempo, i detriti portati dai fiumi appenninici iniziarono ad alimentare la Fossa Bradanica, che fu progressivamente riempita da argille di piattaforma e da sabbie e ghiaie costiere. Questi stessi sedimenti riuscirono a raggiungere l'arcipelago delle paleo-Murge, andando a riempire le depressioni tra le vecchie isole (Fig. 4c).
Circa 800.000 anni fa, come conseguenza dell'accumulo sedimentario in Fossa Bradanica e nei bracci di mare fra le isole delle paleo-Murge, la geografia della regione compresa fra l'Appennino e il vecchio arcipelago era quella di un'area pianeggiante, fatta eccezione per il culmine delle vecchie isole, una delle quali era la parte più alta dell'attuale Murgia Materana (Fig. 5).
Fig. 4 - Schemi paleogeografici nei quali si evince l'evoluzione pleistocenica dell'area delle Murge, che passa da arcipelago in via di sommersione (schemi a e b) ad insieme di alti morfostrutturali in una regione in sollevamento (schema c) (da Tropeano et al., 2018, mod.).

Questo è anche il "momento" geologico in cui si inizia a sviluppare il reticolo idrografico che caratterizza sia la Fossa Bradanica che l'area delle Murge, compreso il corso d'acqua che sarebbe diventato l'attuale Gravina di Matera. Contemporanemente la regione inizia a subire un lento sollevamento tettonico, ancora in atto, che progressivamente porta le Murge e il culmine della Murgia Materana a superare i 500 m di altitudine. Con l'inizio del sollevamento regionale, il reticolo idrografico che inizialmente scorreva sui depositi sabbioso-ghiaiosi ha raggiunto le sottostanti argille e, localmente, anche le rocce carbonatiche del substrato roccioso. In questo caso i corsi d'acqua hanno creato i canyon localmente chiamati "gravine", di cui un esempio spettacolare è la Gravina di Matera (Fig. 6).
Fig. 5 - Mappa e sezione geologica schematiche della Murgia Materana (da Beneduce et al., 2004, mod.).+

La Gravina di Matera è una valle in roccia che taglia profondamente le "morbide" calcareniti del Quaternario e i sottostanti tenaci calcari cretacei. Il corso originale del torrente che avrebbe creato la Gravina di Matera passava sui depositi sabbioso-ghiaiosi non lontano dall'angolo nord-occidentale del culmine della Murgia Materana, i cui fianchi rocciosi erano ricoperti dalle argille (Fig. 7a). Molto presto l'approfondimento del corso d'acqua ha permesso di tagliare il bordo sepolto dell'antica isola raggiungendo il substrato roccioso. La gravina prima si approfondì nelle calcareniti quaternarie e poi nei sottostanti calcari cretacei (Figg. 6 e 7b). Il contatto tra questi due diversi tipi di rocce può essere identificato alla base dei Sassi (Figg. 6 e 8).

Fig. 6 - Il Torrente Gravina di Matera che scorre nella Gravina di Matera. Corso d'acqua e forma valliva hanno lo stesso toponimo. La linea in tratteggio in bianco indica il contatto tra i calcari del cretaceo (K) e la Calcarenite di Gravina (Q). In lato a destra nella foto, nella parte alta del versante vallivo, al di sopra dei calcari del Cretaceo si riconosce la porzione meridionale dei Sassi (precisamente del Sasso Caveoso) sviluppatasi nella Calcarenite di Gravina. Foto gentilmente concessa da Giusy Schiuma, riproduzione riservata.

Fig. 7 - a) Schema stratigrafico con la originale distribuzione dei depositi quaternari sul fianco meridionale della paleoisola che sarebbe diventata la Murgia Materana. Si noti la posizione del Torrente Gravina di Matera prima di inforrarsi. b) Sezione geologica schematica (non in scala) del fianco meridionale della Murgia Materana (da Beneduce et al., 2004, mod.). I Sassi di Matera si sono sviluppati grazie alla presenza di rocce facilmente lavorabili presenti sulla parte medio alta del versante della gravina e grazie alla presenza di una falda acquifera ospitata nei depositi grossolani della parte sommitale del versante (da Tropeano et al., 2018, mod.).
 

Avendo in mente il breve quadro geologico proposto, alcuni degli elementi geologici e morfologici descritti sono stati decisivi per favorire la peculiare colonizzazione umana dell'area di Matera. I primi elementi noti di urbanizzazione dei Sassi risalgono all'età del bronzo sulla cosiddetta Civita, un alto morfologico ora incorporato nei Sassi con la Cattedrale (Figg. 1, 8 e 9). Questo lato della Gravina di Matera era caratterizzato da fonti d'acqua perenni, rappresentate da sorgenti diffuse ma nascoste, poste alla base dei depositi sabbiosi della collina del Castello (Figg. 7b e 9); qui l'acquifero poggia sulle argille che affioravano lungo l'attuale via Lucana. Queste sorgenti, con quelle delle altre colline della città moderna di Matera, oggi completamente sepolte dagli edifici e dimenticate dai cittadini, alimentavano anche i graviglioni, i due affluenti della Gravina di Matera che oggi, intombati, sono le due principali strade di accesso ai Sassi (Fig. 9).

Fig. 8 - Gruppo di studenti e docenti discutono sul limite basso di espansione dei Sassi, corrispondente al contatto fra i calcari cretacei (K) e la Calcarenite di Gravina (Q). Foto gentilmente concessa da Franz Ottner e dagli studenti della "University of Natural Resources and Life Sciences" di Vienna, Austria (da Tropeano et al., 2018).


Fig. 9 - Immagine aerea della Murgia Materana e della città di Matera. Si noti il cambio di inclinazione del versante della gravina al contatto fra i duri calcari del Cretaceo (K) e la più tenera Calcarenite di Gravina (Q). Le colline del Castello e dei rioni Lanera e Serra Venerdì presentano sabbie e ghiaie nella parte sommitale e argille nella parte bassa dei versanti; le argille a loro volta poggiano sulla Calcarenite di Gravina. Si veda la Fig. 7 per lo schema stratigrafico di riferimento. La presenza di depositi porosi su depositi argillosi ha permesso lo sviluppo di una falda che ha alimentato un reticolo idrografico, non più apprezzabile in città, che a sua volta alimentava i Graviglioni, i due affluenti sospesi sulla Gravina di Matera lungo i quali si sono sviluppati i Sassi. Immagine di base da Google Earth (da Tropeano et al, 2018, mod.)

Nei Sassi l'acqua di ruscellamento veniva raccolta in molte piccole cisterne scavate nella roccia; successivamente, anche l'acqua delle sorgenti fu raccolta in grandi cisterne scavate nella parte superiore di uno dei graviglioni, ora corrispondente a "Piazza Vittorio Veneto", la piazza principale di Matera. Nella stessa zona, una fontana storica è stata alimentata dalla cattura dell'acqua delle stesse sorgenti. L'antropizzazione dell'area dei Sassi, oltre che dalla presenza di acqua, è stata favorita dalla particolare morfologia del fianco destro della Gravina di Matera. Questa parete in roccia è stata favorevolmente "sezionata" dai graviglioni che hanno permesso di esporre lunghi affioramenti di calcarenite su pendii non strapiombanti e quindi di facile accesso. Lo sviluppo dell'abitato rupestre non ha raggiunto il fondo della gravina perché il limite di urbanizzazione verso il basso è stato influenzato dalla presenza dei duri calcari cretacei che affiorano dal letto del Torrente Gravina fino alla base dei Rioni Sassi (Figg. 6, 8 e 9).
 
Bibliografia essenziale (volendo citare parti del testo o utilizzare alcune delle figure per le quali non è espicitamente indicata la loro concessione, si prega di far riferimento a Tropeano et al., 2018, e alla bibliografia ivi riportata)
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Note
(1) Sebbene il termine "tufo" indichi rocce di origine vulcanica, spesso viene utilizzato per indicare rocce di origine sedimentaria, leggere, di media durezza e facilmente lavorabili.







 
 
 
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