Prestigioso riconoscimento per la Collezione dei Mammiferi fossili del Valdarno

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Società Geologica Italiana

Carissimi Associati SGI,
Carissimi Soci Società Associate,

su indicazione di Stefano Dominici (Sistema Museale Ateneo dell'Università degli Studi di Firenze), abbiamo il piacere di comunicarvi che la Collezione dei Mammiferi fossili del Valdarno è stata selezionata dall'International Union of Geological Sciences fra le prime geocollezioni di rilevanza storica e scientifica internazionale. La geocollezione fiorentina è stata una delle maggiormente votate dagli esperti internazionali e sarà presentata giovedi 29 agosto, insieme ad altre dieci collezioni, durante il 37th International Geological Congress IGC, in corso a Busan (Corea del Sud).

Per maggiori informazioni si rimanda al testo riportato di seguito.

Cordiali saluti,

La Segreteria


La Collezione dei Mammiferi fossili del Valdarno selezionata dall'International Union of Geological Sciences fra le prime geocollezioni di rilevanza storica e scientifica internazionale

In un intervallo geologico compreso fra 3 milioni e 1 milione di anni fa, la Toscana era popolata da iconici mammiferi ora estinti come mastodonti, mammut meridionali lontani antenati di quelli "lanosi", elefanti antenati dei mammut, grandi cervi, rinoceronti e ippopotami. Questi erbivori erano prede di tigri dai denti a sciabola, "grandi iene dal muso corto", licaoni e sciacalli.

La straordinaria Collezione dei Mammiferi fossili del Valdarno, raccolta nel corso dei secoli da generazioni di studiosi e custodita nel Museo di Geologia e Paleontologia (via La Pira, 4), che fa parte del Sistema Museale dell'Ateneo fiorentino, riceve ora un prestigioso riconoscimento. È stata, infatti, selezionata dall'International Union of Geological Sciences (IUGS) fra le prime geocollezioni di rilevanza storica e scientifica internazionale, collezioni cioè composte da rocce, minerali o – come in questo caso – fossili, fondamentali per ricostruire la storia di questo particolare e complesso ecosistema terrestre del Pleistocene Inferiore e per la storia della scienza.

La collezione fiorentina è stata una delle maggiormente votate dagli esperti internazionali  e sarà presentata  insieme ad altre dieci collezioni giovedì 29 agosto al 37° Congresso geologico internazionale, che si terrà a Busan, in Corea del Sud.

La collezione comprende le ossa fossili di mammiferi raccolte nella valle dell'Arno e studiate a Firenze fin dal tardo Rinascimento: il naturalista Andrea Cesalpino, custode delle collezioni del Granduca Ferdinando I, parla nel 1596 di ossa giganti ritrovate in Valdarno, che pure Niccolò Stenone 1668 interpreta come ossa di elefanti.

I reperti - custoditi dapprima nell'Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale, l'antico nome della Specola, e poi trasferiti nell'antico palazzo della Sapienza, l'attuale Rettorato, in Piazza San Marco - sono stati valorizzati nell'Ottocento dallo studio di Georges Cuvier, che descrisse in modo formale alcune specie conservate, in collaborazione con Filippo Nesti, primo curatore moderno delle collezioni fiorentine e primo professore di Geologia in Italia presso la Specola. Studiata da figure chiave della Paleontologia, come lo stesso Charles Darwin, la collezione è stata di fondamentale importanza per la definizione, ad opera di Augusto Azzaroli, dello schema biocronologico italiano ovvero dell'uso delle associazioni a mammiferi per le datazioni.

Fra gli esemplari custoditi nel Museo di Geologia e Paleontologia, di cui è responsabile Stefano Dominici, spiccano il mastodonte Anancus arvernensis, vissuto 3 milioni di anni fa e recuperato nell'Ottocento nei dintorni di Montecarlo (Arezzo), l'Hippopotamus antiquus, vissuto in Italia tra 2,2 milioni e 400 mila anni fa e che proviene addirittura dalle collezioni granducali, l'Equus stenonis, raccolto presso Terranuova Bracciolini (AR) e indicato da Igino Cocchi nel 1867 come tipo della specie da lui istituita. O ancora l'esemplare di Leptobos vallisarni, raccolto nel 1884 nella stessa località e scelto come olotipo dall'autore della specie, Giovanni Merla e, infine, l'eccezionale scheletro di Mammuthus meridionalis, ritrovato in connessione anatomica nel 1953 presso San Giovanni Valdarno, specie descritta per la prima volta da Filippo Nesti, qui rappresentata da un esemplare, il cui peso era di circa dodici tonnellate e la cui altezza arrivava quasi a quattro metri.

Anancus arvernensis, esemplare noto come "Pippo" in onore di Filippo Nesti, primo curatore moderno delle collezioni paleontologiche fiorentine e primo docente italiano di geologia. Didascalia: "Scheletro montato del mastodonte Anancus arvernensis, proveniente dai dintorni di Montecarlo (Arezzo), recuperato negli anni '20 dell'ottocento e descritto da Filippo Nesti.