La recente scomparsa di Mario Vanossi, dopo una lunga malattia, rappresenta una grave perdita per l'Università di Pavia e, in particolare, per il Dipartimento di Scienze della Terra, e per tutta la comunità scientifica italiana. La sua continua ed instancabile attività in favore delle Scienze Geologiche, la sua passione per la ricerca e soprattutto per la didattica ne fanno una figura di docente difficilmente sostituibile ed un esempio per tutti i suoi allievi e colleghi.
Nato il 23 maggio 1935 a Milano, laureato con lode in Scienze Geologiche a Pavia nel 1957, alunno del prestigioso Collegio Ghislieri, Mario Vanossi ha svolto interamente la sua carriera accademica presso l'Università di Pavia dove ha insegnato per oltre 40 anni, tenendo vari corsi per le lauree in Scienze geologiche e in Scienze naturali (Geologia Stratigrafica, Sedimentologia, Litologia e Geologia per Ingegneri, Fisica Terrestre per Scienze Naturali, Vulcanologia, Geologia per Scienze Geologiche, ed altri corsi ancora).
Dapprima Assistente Straordinario, Volontario e di Ruolo alla Cattedra di Geologia, fu nominato in seguito Aiuto, Professore Straordinario e Professore Ordinario in Geologia dal 1978. Nel 1967 conseguì la libera docenza in Geologia, che gli venne confermata nell'ottobre del '72.
In pensione dal 2003, ha tuttavia continuato fino all'ultimo con grande passione la sua attività di collaborazione con l'Ateneo pavese con un contratto di collaborazione didattica e di ricerca.
La sua attività scientifica si è svolta prevalentemente nelle Alpi Marittime, sulle quali ha pubblicato oltre 120 lavori. I risultati di molte di queste ricerche sono ancora pienamente validi e costituiscono a tutt'oggi gli elementi fondamentali per la conoscenza geologica delle Alpi liguri.
Numerosi i rilevamenti geologici pubblicati in aree comprese nei fogli Genova, Ceva, Albenga-Savona, Imperia, S. Remo e Boves della Carta d'Italia alla scala 1:100.000.
È stato rilevatore e co-direttore del rilevamento della II edizione (1970) del Foglio Albenga-Savona alla scala 1:100.000.
E' stato per parecchi anni responsabile di un'unità di ricerca del Gruppo di studio per i problemi geologici della regione alpino-padana del C.N.R. e di un'unità operativa del Progetto di ricerca "Relazioni tra tettonica profonda crostale-litosferica e deformazioni superficiali del sistema orogenico alpino-appenninico" e ha collaborato al progetto CROP-mare.
Nell'ambito delle attività editoriali, è stato per oltre vent'anni direttore responsabile della rivista scientifica Atti Ticinensi di Scienze della Terra, che ha un'ampia diffusione anche in campo internazionale, e di cui sono stati pubblicati a tutt'oggi 24 volumi contenenti lavori, sottoposti a revisione, relativi a ricerche originali su aree italiane ed estere.
E' stato per lungo tempo direttore dell'Istituto di Geologia e poi della Sezione di Geologia e Paleontologia del Dipartimento. Da ultimo, per ben nove anni, dal 1985 al 1991 e dal 1997 al 2000, è stato direttore del Dipartimento di Scienze della Terra.
Profondamente convinto della necessità che i docenti universitari, accanto ai compiti istituzionali di insegnamento e di ricerca, debbano dedicare una parte della loro attività anche ad una corretta divulgazione dei contenuti e degli scopi delle loro discipline, ha pubblicato alcuni libri di testo per le scuole secondarie ed ha anche avviato un'importante iniziativa su scala nazionale. In qualità di membro del Consiglio direttivo della Società Geologica Italiana, è stato infatti promotore e coordinatore della pubblicazione di una collana di Guide geologiche regionali, che ha già visto la pubblicazione di tredici volumi relativi a varie regioni italiane (lui stesso ne ha preparato uno sulle Alpi liguri), dalla Puglia alla Valle d'Aosta. I singoli volumi sono redatti da équipes di geologi specialisti delle varie regioni utilizzando un linguaggio adatto anche ad un pubblico che possieda rudimentali conoscenze geologiche di base.
Era un lavoratore instancabile: il primo ad arrivare alla mattina ed uno degli ultimi ad andarsene, ed anche nelle ultime fasi della malattia, la fatica e la sofferenza che si leggevano nel suo volto e nei suoi movimenti, ma non nelle sue parole, non gli hanno impedito di frequentare quotidianamente il Dipartimento, dove svolgeva ancora la sua attività di ricerca, e soprattutto di insegnare con la passione e l'abnegazione di sempre, anteponendo l'insegnamento e l'interesse degli studenti a qualsiasi altro impegno.
Di lui gli allievi e i colleghi ricordano le grandi qualità di organizzatore, la metodicità, l'ordine e la determinazione nell'affrontare e superare le difficoltà. Io ne ho forse più ancora apprezzato, la profondità di pensiero e la straordinaria capacità di semplificare i problemi anche più complessi. Soprattutto mi ha insegnato a svolgere qualunque compito, anche il più banale con la massima cura, come se fosse la cosa più importante di tutte. E in questo ho capito solo più tardi c'era non soltanto il senso del dovere, ma la consapevolezza dell'importanza di quello che si fa e la coscienza della responsabilità di ciascuno nel suo ruolo e nelle sue competenze.
Una delle cose che ha più colpito me, ma anche tutti i suoi allievi, è stato vedere come i rapporti personali con lui si siano progressivamente trasformati nel tempo da rapporti tra professore ed allievo in rapporti di amicizia e di affetto reciproco, con le nostre conversazioni che riguardavano sempre meno il lavoro e sempre più le cose della vita.
Tutti noi, allievi e colleghi, gli saremo sempre grati per quello che ci ha dato. Spero e credo che sia di conforto alla moglie Silvia, alle figlie che lo hanno amorevolmente assistito fino alla fine e a tutta la famiglia sapere che il loro dolore per la scomparsa di Mario Vanossi è anche il nostro dolore.
Cesare Perotti
Direttore del Dipartimento di Scienze della Terra
Università degli Studi di Pavia